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ARTIMINO
NELLA STORIA
Il borgo di Artimino, situato sulla sommità d'un colle alto m.298s.l.m., per la sua fortunata posizione strategica ha avuto notevole importanza nel passato.
Le sue origini sono molto antiche: si ritiene che, come le propaggini
dell'Appennino pistoiese e del Monte Albano, fosse abitato da popolazioni
autoctone o provenienti da qualche ceppo ligure o cispadano. I recenti
ritrovamenti di cippi, urne cinerarie, busti, tombe e d'un muro che
sembra appartenere a un tempio testimoniano l'esistenza di stanziamenti
etruschi nel territorio. Più tardi, come testimonia Cicerone, Silla
rese il Territorio di Artimino di proprietà pubblica per poi spartirlo
in premio ai suoi soldati (vedi M.T. Cicerone, Ad Atticum,
Epistola XIX). Nonostante che questi luoghi fossero abitati fin dal II sec. a.C., il documento più antico pervenutoci su di essi è un Diploma dell'Imperatore Ottone II, concesso il 25 febbraio 998 al Vescovo di Pistoia, in cui viene citata la Pieve di Artimino. Altri documenti che ricordano la pieve sono le Bolle papali del 1105 e del 1134 e il Privilegio dell'Imperatore Federico I del 1155.
Nel periodo Medievale il castello di Artimino era sottoposto alla
giurisdizione pistoiese e Firenze cercava con ogni mezzo di conquistarlo:
dal 1204 (data della prima conquista fiorentina) al 1326 (anno della
definitiva sottomissione di Artimino a Firenze) nel possesso del
castello si alternarono ora i pistoiesi, ora i fiorentini. Gli Artiminesi,
però, si dimostrarono più fedeli a Pistoia, mentre mal sopportarono
la soggezione a Firenze, tanto che alcuni uomini del castello accettarono
di prendere parte alla congiura ordita da Corso Donati a danno delle
istituzioni comunali fiorentine. Al fallimento di tale congiura
gli abitanti di Artimino furono condannati a pagare entro 3 giorni
l'ingente somma di 6000 fiorini, ma l'eccessiva onerosità della
pena pecuniariaimposta non consentì loro di effettuare il pagamento
richiesto, per cui il 2 dicembre 1308 il Potestà di Firenze ordinò
di distruggere le mura del castello, che furono riedificate soltanto
dopo la riconquista pistoiese. Nel periodo in cui dominò la figura
di Castruccio Castracani Artimino fu teatro di di lotta fra Pistoia
e Firenze; quest'ultima rientrò in possesso definitivo del castello
nel 1326. dopo un'aspra battaglia ("al terzo die vi diedero la più
forte battaglia tutto intorno intorno, che non si desse a Castello";
vedi G. Villani, Storia di Fiorenza). Diversi furono ancora i complotti orditi dagli artiminesi contro Firenze, ma tutti con esito negativo.
Nel 1389 i cittadini di Artimino ottennero da Firenze l'approvazione dei loro Statuti, che sono pervenuti fino a noi. Dal catasto del 1427 risulta che Artimino era un borgo a prevalente economia rurale, comprendente 49 nuclei familiari, non troppo numerosi composti al massimo di otto persone(in tutto circa 214 "bocche").
Durante la signoria medicea Ferdinando I, già Cardinale alla Corte papale, commissionò al Buontalenti la costruzione di una villa grandiosa.
A testimonianza della sua storia il paese conserva la Pieve di Leonardo, alcuni testi della cinta muraria nel settore sud-occidentale del vecchio perimetro urbano, le torri, un pozzo di forma pentagonale, una breve strada a lastroni di pietra (detta "Chiasso d'oro") e la più recente villa medicea denominata "La Ferdinanda".
(dalla
ricerca di Lidia Nepi Fameli sulla storia di Artimino)
STORIA DI "NONNA DELFINA"
Nonna Delfina nacque quasi cento anni fa in una casa colonica a valle della Villa Medicea "La Ferdinanda".
Avendo perso il babbo quando era appena grandicella, andò a servizio in una famiglia di nobili veneziani, i Dobrowolny, che vivevano nei dintorni e si occupavano della gestione della Tenuta, dove apprese come condurre una grande casa e come portare un po' di raffinatezza nella sapida cucina contadina.
Sposò uno dei guardacaccia della Riserva Granducale della Fattoria ed ebbe due figli: Anna e Carlo.
Negli anni quaranta cominciò a preparare desinari per i cacciatori che venivano a cacciare nella Riserva e alla fine degli anni cinquanta, quando iniziano le visite turistiche alla Villa Medicea, la sua casa divenne una gradita sosta per i turisti.
Il successo fu così tangibile che decise di trasformare la propria abitazione in una trattoria che lei fece crescere e migliorare, tanto da diventare il famoso ristorante che è; oggi il locale viene portato avanti dalla famiglia.
Intanto lei si dedica alla ricerca di erbe, tuberi, frutti di bosco che con il suo istinto di contadina rende delizioso complemento della sua cucina.
vive questi anni nella calda cerchia della sua famiglia: il figlio, la nuora, la figlia, i nipoti e continua con la passione di sempre ad essere una presenza partecipe, magari con un cesto di fagioli o di baccelli da sgusciare o con una pila di biancheria da piegare.
Durante tutto questo tempo alla tavola della Delfina si sono seduti come suoi affezionati clienti nomi famosi come Ardengo Soffici, Gilberto Bernardini, Quinto Martini, Arrigo Rigoli, il Prof. Sabin, Salvatore Quasimodo e molti altri dei quali si possono leggere dediche nel registro delle firme.
La storia della Delfina e del ristorante è stata scritta dalle più importanti testate giornalistiche e riviste gastronomiche di tutto il mondo.
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Stemma di Artimino |
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Disegno di F. Inverni |
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